CAMPIONI!
50° Anniversario dello Scudetto 1970-2020 |
Cagliari Mannu. Così, in rosso e in blu, stava scritto sul cartoncino che raccoglieva le monete con i volti dei sedici calciatori e dell'allenatore Scopigno, campioni d'Italia nella stagione 1969-70. Il Cagliari del presidente Efisio Corrias aveva concluso il campionato il 26 aprile 1970 con un roboante 4-0 sul campo del Toro, ma lo scudetto lo aveva già conquistato in modo matematico due settimane prima, il 12 aprile, battendo il Bari per 2-0 sul terreno dell'Amsicora.
Il
raccoglitore e le monete li regalava la Shell ad ogni rifornimento di
benzina. Le monete erano fatte, credo, di ottone, ma erano
lucidissime e sembravano d'oro. Il giorno che mio padre portò a casa
le prime, sarà stato l'inizio di maggio, me ne impossessai
immediatamente. Con la meraviglia e la curiosità di tutti i bambini,
cominciai a scrutarle in ogni dettaglio, sul davanti e sul retro… i
volti dei campioni… la conchiglia a spicchi dello sponsor.
Non
frequentavo ancora la scuola, però avevo già imparato a leggere.
Cercai subito i nomi che erano sulla bocca di tutti, quelli più
ripetuti, più celebrati: Albertosi, Niccolai, Cera, Nené,
Domenghini, Riva. Ricordo che mi impressionò il volto di Scopigno,
forse perché era scavato e sembrava triste, mentre tutti gli altri
avevano un'espressione gioviale e baldanzosa. Martiradonna, Mancini,
Zignoli, Brugnera, Poli, Greatti, Gori, Nastasio, Tomasini, Reginato,
trasmettevano tutti la fierezza del trionfatore. Sorridevano anche il
presidente Corrias e un paio di altri dirigenti della Società
Cagliari Calcio, messi pure loro sulle monete. Scopigno no. Il suo
volto, anche nelle foto o in tv, sembrava quello di una persona
estranea alla grande gioia che da qualche settimana pervadeva l'aria
e ogni cosa in tutta la Sardegna. Non era così, ma il bambino non
poteva concepire la felicità composta del Filosofo, come lo
chiamavano nell'ambiente calcistico e giornalistico.
Com'erano
belle le maglie bianche dei campioni, con la scollatura bordata di
rosso e blu, chiusa dal laccetto, con lo scudetto dei quattro mori
sul petto, dalla parte del cuore. Certo, niente a che vedere con le
sgargianti magliette distribuite oggi dagli sponsor tecnici, ma le
semplici maglie di allora parlavano di un calcio più genuinamente
sportivo e meno chiassoso, giocato di domenica da calciatori che poi,
per il resto della settimana, non vedevi volare dentro gli scenari
virtuali di uno spot pubblicitario, alla caccia di palloni
infuocati... Dopo la memorabile vittoria, lo scudetto dei quattro
mori fu sostituito dal tricolore. Ma quelle quattro teste nere
bendate di bianco, separate dalle due strisce rosse incrociate, erano
come un disegno magico e misterioso, che non poteva essere rimosso
davvero. Quelle linee, quelle forme, non erano forse le stesse
disegnate dai volti e dai riccioli di Nené o di Gigi Riva? Sì,
e il bambino ne fu affascinato per sempre.
Lo stemma del Cagliari campione. Era ancora lo stesso dal 1920 |
Ecco cosa pensava il grande giornalista sportivo Gianni Brera: "Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l'evento che sancì l'inserimento definitivo della Sardegna nella storia del costume italiano. Questa regione rappresentava fino agli anni Sessanta un'altra galassia. Per venirci bisognava prendere l'aereo e gli italiani avevano una paura atavica di questo mezzo di trasporto. La Sardegna aveva bisogno di una grande affermazione e l'ha avuta con il calcio, battendo gli squadroni di Milano e Torino, tradizionalmente le capitali del football italiano. Lo scudetto ha permesso alla Sardegna di liberarsi da antichi complessi di inferiorità ed è stata un'impresa positiva, un evento gioioso. La Sardegna era fino ad allora nota per la brigata Sassari, ma le sue vicende furono un massacro".
Per il Corriere dello Sport il 12 aprile 1970 era stata "una data rivoluzionaria nella storia del calcio italiano", perché quel giorno per la prima volta la squadra di una città del Sud era diventata Campione d'Italia. Il Cagliari vinse il suo scudetto quasi vent'anni prima del Napoli, tanto per capirci. In quella vittoria gli isolani e le migliaia di sardi emigrati videro il loro riscatto di popolo. Agli occhi del resto d'Italia la squadra di Riva assunse addirittura il ruolo di apripista e portabandiera dell'intero Meridione. Il Regno di Napoli era diventato il... Regno di Cagliari. La gioia di cui parlava Brera era un'euforia talmente intensa che sembrava pervadere tutto e tutti, come raccontano i tifosi che vissero in prima persona quell'aprile memorabile.
Come testimoniano le parole dette da Niccolai in un'intervista, quella squadra di campioni e la Sardegna erano come una sola entità: "Quando vengo a Cagliari, e ci vengo spesso, sento ancora la gente che ha grande affetto nei miei riguardi. E se ne ha per me, ne ha certo per tutti gli altri, per Riva in particolare. E' questa la grandezza di quel campionato, ma soprattutto dei cagliaritani e dei sardi in generale. La Sardegna è questa. Noi ne facevamo parte, abbiamo regalato delle grosse sensazioni, ma loro ce le hanno restituite con gli interessi".
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Il Cagliari campione al Sant'Elia. |
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1 commento:
Sacrosante verità
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