Sampdoria-Cagliari 1-2 - Cagliari-Bologna 2-1 - Roma-Cagliari 1-0 - Cagliari-Fiorentina 1-1 - Atalanta-Cagliari 1-2 - Empoli-Cagliari 1-1 - Cagliari-Napoli 1-1 - Torino-Cagliari 1-2 - Cagliari-Lazio 0-3 - Spezia-Cagliari 2-0 - Cagliari-Milan 0-1 - Udinese-Cagliari 5-1 - Cagliari-Juventus 1-2 - Cagliari-Sassuolo 1-0 - Genoa-Cagliari 1-0 - Cagliari-Verona 1-2 - Salernitana-Cagliari 1-1 - Cagliari-Inter 1-3 - Venezia-Cagliari 0-0
Due notizie positive, il ritorno alla vittoria e il grande cambio di ritmo che i rossoblu hanno saputo imprimere alla loro partita tra il primo e il secondo tempo. Delle due, anche in chiave prospettica, la più bella e incoraggiante è la seconda.
Nel primo tempo il Cagliari ha difeso con ordine, ha atteso la Sampdoria nella propria metà campo disponendosi in formazione compatta, lasciando casomai ai soli Joao Pedro e Pavoletti il compito di tentare un certo pressing alto di disturbo sugli avversari in possesso di palla. Questo atteggiamento ha dato risultati complessivamente buoni, perché è vero che la Sampdoria ha chiuso in vantaggio la frazione di gioco (gol di Gabbiadini dopo un'azione bella quanto un po' fortunosa), ma è anche vero che i doriani poi hanno avuto solo un'altra opportunità di segnare (con Candreva vicinissimo alla deviazione vincente davanti a Cragno).
Il risvolto della medaglia è stata l'ormai ben nota incapacità della squadra cagliaritana di uscire dal pressing avversario, ripartire e fare gioco per gli attaccanti, quasi inoperosi nei primi quarantacinque. Grassi, Marin e soprattutto Deiola non hanno le caratteristiche tecniche che occorrerebbero per ovviare a questa difficoltà, sono combattenti, mediani di corsa e spinta, bravi quando possono lanciarsi verso l'area avversaria, meno quando sono costretti a cercare soluzioni in palleggio.
Nel secondo tempo l'atteggiamento mentale e tattico è cambiato. I giocatori sono entrati in campo con "ferocia", come ha detto Mazzarri nel dopo-gara. In questo momento la ferocia, l'aggressività in ogni zona del campo, la volontà di inseguire il risultato senza soste, di non mollare mai, è l'unica vera arma in possesso dei rossoblu per ovviare alle difficoltà tecniche. I risultati li abbiamo visti tutti. La squadra ha avanzato il baricentro, anche Lykogiannis si è messo finalmente a spingere sulla sinistra, molte maglie cagliaritane invadevano la trequarti avversaria e impedivano le ripartenze doriane. E mentre i doriani non riuscivano a costruire più una sola palla-gol, il percussore Deiola strappava il suo gol alla mala sorte, non fermando la sua corsa dopo il primo tiro e sparando in fondo alla rete dopo la respinta di Audero.
Il pareggio è già tanto, ma alla squadra di Mazzarri non basta proprio. Sta in modalità "guerra" e sprofonda la Sampdoria nella confusione tattica. Gli uomini di D'Aversa, padroni del campo nel primo tempo, perdono coesione nei reparti e fra i reparti, Candreva perde anche la testa e si fa espellere. Intanto Pavoletti - ben tornato, Pavoloso - ha segnato il gol della vittoria.
Uomo schietto Mazzarri, pane al pane, vino al vino. Un modo di essere che porta, spesso, tanta stima ma anche tanta antipatia. Lui ha digerito sempre tutto ed ha proseguito con il suo modo di essere. La stima è rimasta, molte antipatie si sono dileguate (tra queste, proprio quella di Mihajlovic) alla luce anche dei risultati ottenuti dal livornese di provincia.
Voleva un Cagliari che assomigliasse a lui, che avesse la sua stessa tempra. Contro i risultati negativi che sembravano condannarlo alla disistima di tanti tifosi, Mazzarri non ha battuto ciglio, ha proseguito nel suo lavoro tattico e psicologico, e oggi la squadra mazzarriana comincia a vedersi. Quello di Genova poteva essere solo un exploit, legato a cause contingenti, oppure il primo gradone verso l'uscita dalla zona retrocessione. La seconda rimonta e vittoria consecutiva, ottenuta a spese del coriaceo Bologna di un altro allenatore che "ha gli attributi" (come si usa dire spesso anche nel mondo del calcio), ha confermato che Genova non è stato un caso.
Verranno ancora momenti difficili, forse, ma il Cagliari ora sembra essere sulla rampa di lancio per la salvezza. Battere il Bologna non è stato semplice, la squadra felsinea si è aggrappata con unghie e denti prima al pareggio, poi, dopo la punizione vincente di Orsolini, ad una insperata vittoria. Per ribaltare il risultato si doveva usare la caparbietà di Genova ma anche tanta testa, continuare a fare la partita ma con pazienza, senza perdere compattezza di fronte alle frequenti scorrerie avversarie. Il Bologna infatti non è crollato come la Sampdoria dopo avere subito il pareggio, ma è rimasto in partita, ostico e minaccioso nelle ripartenze e il Cagliari ringrazia ancora quel palo che ha fermato il pallone velenoso di (ancora) Orsolini, prima che Gaston Pereiro, nel tempo di recupero, completasse la rimonta.
Il gol-pareggio di Pavoletti è stato molto bello, frutto di un fulmineo aggancio volante e contemporanea girata in rete, ma quello del 20 uruguaiano ha dell'incredibile. Stretto tra i difensori del Bologna, riesce a mantenere il pallone incollato al piede, tira a pochi passi dalla porta e da posizione decentrata, Skorupski chiude bene il suo palo ma il rasoterra chirurgico di Pereiro passa. Si dice che un campione non abbia necessità di pensare la grande giocata, la crea e basta. E Pereiro, giocatore di grande tecnica individuale, certe cose, impossibili anche a pensarle, sa crearle. Inoltre, sta diventando anche più concreto, meno individualista e disposto a spendersi nella fase di ripiegamento e contenimento. Forse cercare un altro attaccante di peso non è più così indispensabile...
Il Cagliari di Mazzarri sta superando le lacune tecniche con la tenacia e la determinazione nell'inseguire il risultato, per adesso le armi principali di questa rosa; ma gli innesti giusti, che dovrebbero arrivare dal mercato, potranno rendere migliore la qualità del gioco e meno difficoltosa l'uscita dalla bassa classifica.
La quarantena da covid ha fermato lo slancio del Cagliari. Senza Lovato, Bellanova e Grassi, Mazzarri ha scelto di mettere in campo il suo prediletto 3-4-1-2, con Pereiro da trequartista, Zappa per Bellanova, Goldaniga per Lovato e Dalbert invece di Lykogiannis.
I rossoblu hanno fatto una buona partita difensiva. Se la Roma è passata solo su calcio di rigore, se ha creato pochissime, chiare occasioni da gol e se non è riuscita ad esprimere un gioco all'altezza del valore tecnico dei suoi calciatori, è stato per merito del Cagliari, che ha disputato una partita attenta, con pressing alto degli attaccanti e marcature aggressive a centrocampo.
Rovescio della medaglia, la prova sbiadita in attacco. Prima dell'entrata in campo di Nandez, zero azioni da gol. Purtroppo Pereiro ha fallito ancora una volta l'occasione che gli è stata data per dimostrare di essere un giocatore davvero importante e determinante, che meriti un ruolo da titolare. Resta l'impressione che l'uruguaiano possa fare bene da subentrante e, magari, da seconda punta più che da trequartista, in un ruolo cioè che gli permetta di cercare la porta con più libertà tattica.
Anche la prova degli esterni non è stata brillante. Zappa ha messo in campo molto impegno, come sempre, ma non ha lo spunto offensivo né la stessa capacità di recupero di Bellanova. Dalbert continua a non convincere, specialmente in copertura e Lykogiannis, magari meno propenso a spingere ma sicuramente più solido in difesa, si lascia ancora preferire.
Marin e Deiola, orfani della "terza gamba" Grassi, hanno fatto lotta libera con i mediani giallorossi ma non sono stati capaci di infilare un solo pallone buono per le punte, dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l'urgente necessità di portare a Cagliari un play di ruolo.
Con tutte queste difficoltà, grazie a Nandez il Cagliari ha avuto ben due opportunità per pareggiare la partita nello scorcio finale, mentre la Roma non si mostrava capace di chiuderla. Questo vuol dire che Mazzarri è riuscito a mettere in piedi una squadra capace comunque di restare in partita fino all'ultimo minuto. Manca poco, davvero poco per fare il salto definitivo verso un campionato più tranquillo. Allenatore e giocatori stanno facendo il massimo, il resto spetta alla società.
Alla fine di una partita molto temuta, sia per la forza dell'avversario che per le molte assenze dei rossoblu, ci mordiamo le dita perché il Cagliari aveva la vittoria in pugno e non è riuscito a portarla a casa.
Dopo avere sopportato bene l'urto iniziale della Fiorentina, che ha iniziato la gara in modo molto aggressivo, i ragazzi di Mazzarri sono venuti fuori dal guscio e hanno cominciato a loro volta a fare sul serio. La parata di piedi con la quale Radunovic è riuscito a neutralizzare il tiro di rigore di Biraghi, è stato il momento della svolta per il Cagliari, che da quello scampato pericolo ha ricavato la forza per cominciare a portarsi verso l'area di rigore avversaria.
La Fiorentina non si è fermata, perché il suo obiettivo era lampante: portare via i tre punti dall'arena cagliaritana. Ma i rossoblu hanno avuto le occasioni migliori per segnare, prima con Joao, che ha colpito il palo interno della porta viola, poi con un calcio di punizione di Marin, che è stato deviato da un difensore e respinto dalla traversa. Nel secondo tempo ancora e subito Cagliari, con Joao in gol di testa su pennellata di Pereiro dall'angolo. E poi il calcio di rigore col quale lo stesso Joao avrebbe potuto chiudere la partita, se non avesse tirato maluccio (bisogna dirlo) favorendo la parata di Terracciano.
Eppure il Cagliari avrebbe potuto ancora vincerla, perché l'espulsione di Odriozola lo aveva messo in superiorità numerica. Invece si è permesso con troppa facilità a Sottil di correre verso la porta (cosa per la quale Mazzarri si è molto arrabbiato) e di battere con un pulito diagonale Radunovic. A quel punto, se il Cagliari avesse avuto sufficienti energie per insistere in attacco e assediare la Viola, la vittoria sarebbe stata ancora possibile. Ma molti rossoblu erano visibilmente affaticati, soprattutto quelli recuperati in extremis dopo la quarantena, e l'impresa non è riuscita.
Peccato, ma il punto conquistato contro una squadra molto forte è ottimo, porta il Cagliari a un solo punto dal quartultimo posto e a tre dalla Sampdoria, altra squadra ormai nel mirino sardo. Il Cagliari mazzarriano conferma ancora una volta di esserci, adesso il gruppo è unito e solido e non sarà facile per nessuno mettere i piedi in testa a questi ragazzi che hanno voglia di emergere dal fondo e di farsi rispettare.
Quando cambia la formazione ma il risultato no, allora significa che la strada è quella giusta. Il Cagliari è sbarcato a Bergamo senza attaccanti di ruolo, in particolare Joao Pedro e Pavoletti, Mazzarri ha scelto di non impiegare Gagliano, ancora lontano dalla condizione migliore, e ha schierato Pereiro - che partitona la sua: due gol ed espulsione di Musso per suo merito - da attaccante centrale con l'assistenza di Dalbert. Ricomposta la mediana tipo (Bellanova Marin Grassi Deiola Lykogiannis), la porta di Cragno è stata schermata da Goldaniga, Lovato e Obert.
Diciamo subito che l'Atalanta, favorita e "obbligata" a vincere, ha fatto la partita e... ha esaltato la robustezza della difesa e del sistema difensivo rossoblu. Due, tre grandi interventi di Cragno, poi solo anticipi e chiusure difensive quasi perfetti sui tambureggianti attaccanti di casa. Pressing anche alto, ma ragionato e attento a non correre a vuoto dietro ai palleggiatori bergamaschi; massima attenzione a non perdere di vista i giocatori chiave del centrocampo avversario, sempre seguiti a vista dai mediani rossoblu; prontezza e lucidità a lanciare negli spazi Dalbert, Bellanova e Pereiro dopo il recupero-palla. Queste le armi affilate con le quali il Cagliari ha vinto meritatamente su uno dei campi più difficili d'Italia.
E' stato il successo di una squadra che ha messo da parte le insicurezze, il balbettìo, il gioco confusionario e inconcludente del quasi intero girone d'andata. E' stato il capolavoro tattico di Mazzarri, che da qualche partita in qua sta raccogliendo i frutti del suo lavoro difficile, lungo, paziente. Sembrava una scommessa azzardata la sua, forse lui stesso ad un certo punto ha pensato che avrebbe fallito; invece il tempo gli ha dato ragione, ed oggi il Cagliari forgiato dal carattere mazzarriano è una realtà.
Con questa vittoria lasciamo il terzultimo posto al Venezia e, soprattutto, respiriamo fiducia e ottimismo a pieni polmoni per una corsa verso la salvezza che sarà ancora lunga e impegnativa.
Ancora una prova di carattere e coraggio. Il Cagliari di Mazzarri ha ormai una precisa identità, che è quella del combattente all'ultimo respiro. Sul campo empolese i rossoblu sono andati sotto nel primo tempo, hanno reagito e raggiunto il pareggio nel secondo, hanno poi chiuso gli avversari nella loro metà campo e cercato la vittoria fino all'ultimo dei sette minuti di recupero.
Nella prima metà della gara il Cagliari non ha brillato in fase offensiva ma ha saputo neutralizzare i tentativi empolesi senza correre veri pericoli, tanto è vero che Cragno ha dovuto fare una sola parata impegnativa. Il gol dei padroni di casa è arrivato in seguito ad una palla persa malamente da Marin in attacco e alla successiva ripartenza degli uomini di Andreazzoli, che ha portato Pinamonti a controllare in area e battere a rete in modo fin troppo facile, mentre i cagliaritani non riuscivano a chiudere i varchi pur in superiorità numerica. Un black out difensivo come non ne vedevamo da tempo, che poteva costare la sconfitta.
Il Cagliari però è di tutta altra tempra rispetto a qualche settimana fa e anche in questo caso ne ha dato prova, reagendo immediatamente e imprimendo più ritmo all'azione offensiva. A parte la sostituzione dell'infortunato Lovato con Altare, Mazzarri non ha ritenuto di dover cambiare uomini fino allo scoccare dell'ora di gioco, quando Ceppitelli e Baselli hanno preso il posto di Obert e Lykogiannis. Forze fresche in campo, ma il gran colpo decisivo Mazzarri lo ha piazzato a dieci dal novantesimo, quando Bellanova e Marin hanno lasciato il posto a Pavoletti e Keita. I due hanno composto un quartetto d'attacco con Pereiro e Joao Pedro, una forza d'urto fatta di tecnica, velocità e forza contro la quale l'Empoli ha dovuto arrendersi. Il gol del pareggio lo ha segnato l'ariete Pavoletti cinque minuti dopo, finalizzando un'azione corale e insistita dentro l'area toscana.
Giocare con quattro attaccanti è solitamente una scelta inusuale e coraggiosa. Ma in questo caso Mazzarri sapeva di non rischiare troppo, perché l'allenatore è ormai sicuro che i suoi giocatori sono in grado di rispondere positivamente alle sue sollecitazioni. La volpe livornese ci ha messo tutta l'esperienza di una lunga carriera tra serie A e B, scegliendo di attaccare in forze un avversario ormai aggrappato alle ultime energie rimastegli.
Andreazzoli è un signor tattico ma ieri ha dovuto fare chapeau al suo più navigato collega.
Il Napoli ha immeritatamente raggiunto il pareggio ad una manciata di minuti dal termine della gara. Per il Cagliari, per i suoi tifosi è stata una doccia gelatissima, una beffa atroce.
Prima e dopo il gol raffinato dell'ormai incontenibile Pereiro, il Cagliari ha dominato la partita e, credo, contro il Napoli questo non accadeva dai tempi di Gigi Riva. Ho contato cinque chiare palle-gol che avrebbero dato ai rossoblu le chiavi della vittoria, mentre il Napoli soffriva tanto, cercava di ripartire in contropiede senza quasi mai arrivare a concludere verso la porta di Cragno, impegnava il nostro portiere una sola volta in tutta la gara, prima che Osimhen riuscisse a batterlo. Questo, anche questo, è il calcio e dobbiamo accettare di vedere sfumare una vittoria che sarebbe stata strameritata.
Resta però la soddisfazione di avere messo alle corde una squadra fortissima e, soprattutto, di vedere confermato, ancora una volta, che il nuovo Cagliari mazzarriano c'è in modo stabile, solido, sostanzioso. Non resta nulla da aggiungere alle parole dette dall'allenatore rossoblu dopo la partita e cioè che i ragazzi stanno in campo con personalità, tanto in difesa quanto in attacco, con una sapienza tattica che prima non si vedeva, con una intensità di prestazione che dura fino all'ultimo minuto di recupero. Si sbagliano troppi gol, vero, ma prima non si costruivano nemmeno le occasioni per segnarli. Provare e provare ancora, senza mai abbassare la guardia, senza smettere di avere coraggio e di fare paura agli avversari. Arriveranno anche quei gol che adesso mancano all'appello.
Il Cagliari rigenerato, quello che sa ciò che vuole ottenere e come ottenerlo, ha colpito ancora. E' passato in vantaggio con Bellanova durante una fase della partita piuttosto equilibrata, poi ha subito il pareggio, dopo due grandi parate di Cragno su Bremer e Pjaca, per una distrazione difensiva che ha lasciato Belotti libero di battere a rete. A quel punto, invece di accontentarsi del buon punto maturato e disporsi a difendere sotto l'arrembante spinta granata, i ragazzi di Mazzarri hanno preso a macinare gioco anche di buona qualità e si sono riportati in vantaggio con Deiola. Poi sì, si sono disposti a difendere senza troppi problemi il tentativo torinista di rimontare.
Ancora una conferma della forza che oggi anima la squadra rossoblu e che fino a poche settimane fa era impensabile. Della compattezza del collettivo non è il caso di parlare oltre, tanto sembra ormai un fatto acquisito; soffermarsi sui singoli è più interessante.
Deiola, innanzitutto. Un mazzarriano autentico per lo spirito combattivo che mette sempre in campo. I limiti nel palleggio non gli consentono di essere un centrocampista illuminante nella costruzione del gioco, però la sua diligenza tattica è esemplare. Fa sempre esattamente ciò che l'allenatore gli chiede, lotta su tutti i palloni nella fase difensiva ma è anche sempre pronto all'inserimento in attacco a rimorchio delle punte. Può sbagliare molti tiri, ma quello giusto lo scocca, prima o poi; come ieri, quando ha controllato un superbo assist di petto servitogli da Pavoletti, per poi battere con un forte sinistro in diagonale il gigantesco Milinkovic Savic.
Cragno, dopo un periodo abbastanza negativo, è tornato ad essere il portierone-sicurezza che conosciamo. Il 50% dei tre punti conquistati a Torino è merito suo, perché quelle due parate non sono state per niente banali. Soprattutto la seconda, ad intercettare con una mano la bordata volante di Pjaca, vale quanto un gol segnato; poi il pallone gli è stato restituito tra i guantoni dalla traversa, ma qui la fortuna è stata il meritato premio alla bravura.
Pavoletti... basta metterlo in discussione, per cortesia. Appena entrato in campo al posto di un Pereiro un po' meno brillante rispetto alla gara col Napoli, il centrattacco livornese è stato subito decisivo, come tante altre volte in tante altre partite. Se gli chiedete di stare in mezzo all'area per fare gol, lui lo fa; se gli chiedete di fare la boa avanzata che fa salire la squadra e che dispensa assist per i compagni, tranquilli, lui fa anche questo.
Oltre alla squadra, ora emergono anche le individualità; a proposito, notevole anche il rendimento di Dalbert, tutto un altro calciatore adesso. La vittoria di ieri vale il quartultimo posto, ad un solo punto da Spezia, Samp e Udinese e con tre di vantaggio sul Venezia. Il lavoro fatto bene paga.
Sinceramente un simile crollo non me lo aspettavo, però è pur vero che dopo una striscia di 5 risultati utili, un'inciampo, per una squadra come il Cagliari, è possibile e perdonabile.
Pronti... via! La Lazio è subito in partita, pressa alto, fraseggia, resta compatta come un monolite. Non ci sono spazi per le fughe laterali di Bellanova e Dalbert, non c'è campo per le incursioni centrali di Marin e Deiola, non c'è luce per i movimenti, sempre soffocati, di Joao e Pereiro. Il Cagliari ci arriva comunque al cross o al tiro, soprattutto nel secondo tempo, ma la difesa laziale è un blocco praticamente insuperabile, che respinge tutto quello che c'è da respingere. Poi, recuperata palla, gli uomini di Sarri scrivono il manuale del contropiede e per il Cagliari non c'è scampo.
Se una squadra del valore della Lazio riesce a prendere in mano le redini del match, per il Cagliari ci sono scarse possibilità di fare punti. Non dimentichiamo che dopo il mercato il valore tecnico dei rossoblu non è aumentato, quindi certi testa a testa restano ad handicap per loro. Possono giocarsela con buone speranze di fare un risultato positivo solo se, come contro il Napoli ad esempio, i ragazzi di Mazzarri riescono a partire subito con la marcia giusta, per evitare che siano gli altri ad imporre le regole del gioco.
Ingoiato il boccone amaro, adesso è necessario che allenatore e squadra preparino al meglio la prossima trasferta, in casa dello Spezia, perché quella sì è una partita da non sbagliare. I tre punti varrebbero come sei.
Si sperava che quello con la Lazio fosse uno scivolone momentaneo, dal quale ci si rialza prontamente per riprendere a marciare sicuri. Ma la sconfitta in quel di La Spezia sembra gettare dubbi pesanti sulla condizione attuale del Cagliari. I padroni di casa hanno vinto meritatamente una partita che hanno sempre tenuto sotto il proprio controllo, lasciando magari anche una leggera prevalenza territoriale ai rossoblu ma portando continue minacce alla porta di Cragno. Il portiere cagliaritano ha tenuto a galla la squadra nel primo tempo, parando un rigore e sventando poi, con una mano sola e un grande riflesso, un tiro quasi a colpo sicuro partito dal cuore dell'area di rigore. Nella ripresa il Cagliari non ha cambiato marcia, nemmeno dopo avere subito il primo gol e anche l'assalto finale a quattro punte, quando ormai i liguri avevano raddoppiato, non ha fruttato nemmeno una sola palla-gol a favore dell'undici di Mazzarri.
Una partita storta - ha commentato l'allenatore a fine gara, ma il problema è che si tratta della seconda storta di fila. Il Cagliari grintoso, determinato e compatto che era riuscito a tirarsi fuori dal fondo classifica sembra non esserci più. Alcuni giocatori non stanno dando quello che potrebbero, a cominciare da Joao Pedro, il quale non soltanto non segna più, ma non sembra nemmeno in grado di fare quel lavoro tattico che disorientava i difensori e permetteva di aprire varchi agli inserimenti degli esterni e dei mediani. Anche Baselli non è stato in grado di fare il suo e, almeno in fase di interdizione, l'assenza di Marin si è sentita. Forse il centrocampista venuto dal Torino non è ancora in forma campionato e Mazzarri avrebbe dovuto evitare di metterlo in campo dal primo minuto.
Un altra mossa del tecnico toscano non ha convinto, cioè sostituire Dalbert con Zappa e spostare Bellanova (un altro poco brillante nelle ultime due partite) a sinistra, invece di puntare sull'esterno sinistro di ruolo Lykogiannis. Insomma, mi pare che ci sia da rimettere insieme molti cocci e bisognerà farlo presto e bene, perché la prossima sarà contro la capolista.
Il Cagliari è sembrato in ripresa rispetto alle ultime due prestazioni ma non è ancora quello di qualche settimana fa, quello che dominava il Napoli e piegava in trasferta la Dea e il Toro. Di fronte alla squadra candidata numero uno per la conquista dello scudetto, i rossoblu hanno disputato una partita sicuramente attenta, specialmente nel primo tempo e hanno limitato al massimo possibile i pericoli alla porta di Cragno, il quale ha dovuto fare solo un intervento molto impegnativo per evitare il gol milanista. Nel secondo tempo la squadra di Mazzarri ha corso più pericoli e il Milan avrebbe potuto segnare sia prima che dopo il gol di Bennacer, però ha comunque mantenuto una discreta presenza sul campo, subendo i milanisti in ripartenza ma non facendosi mai schiacciare all'indietro.
Quello che i rossoblu non hanno ancora ritrovato è la capacità di spingere con determinazione in avanti alla ricerca del gol. Ieri sera abbiamo visto molti lanci lunghi ad opera di Cragno o dei difensori e pochissima manovra. Che il Cagliari non abbia un costruttore di gioco è noto, però Mazzarri era riuscito ad ovviare a questa carenza responsabilizzando molto alcuni giocatori, specialmente Dalbert e Deiola, chiamati a sganciarsi spesso per l'inserimento in area a rimorchio delle punte, e Bellanova, spronato a sfuriare sulla destra per servire a centro area gli attaccanti. Questi meccanismi si sono inceppati e ancora non hanno ripreso a funzionare.
Il momento negativo del collettivo si accompagna al calo mentale e atletico di alcuni giocatori importanti, come lo stesso Bellanova, che ieri è stato facilmente imbavagliato dai laterali del Milan, e come Joao Pedro, che continua a non vedere più la porta.
Lo sprint nervoso del finale, supportato dalla ormai collaudata scelta mazzarriana di affiancare a Joao e Pavoletti gli altri due attaccanti, Keita e Pereiro, ha prodotto comunque la palla che avrebbe potuto regalare un punto al Cagliari. Da lì bisogna ripartire, dalla voglia di fare gol; e se Joao è un po' scarico, provi Mazzarri a dargli tregua e a studiare soluzioni offensive che sappiano fare a meno del brasiliano.
All'andata proprio contro l'Udinese il Cagliari aveva toccato il punto più basso del suo campionato. A quel punto infimo la squadra di Mazzarri sembra essere ritornata, ancora contro l'Udinese, come a chiudere un cerchio maledetto. L'ottimismo creato nell'ambiente dagli ottimi risultati ottenuti dai rossoblu nella prima parte di questo girone di ritorno è stato spazzato via dalla disastrosa quarta sconfitta consecutiva.
La prestazione cagliaritana è stata un disastro totale, di squadra, di singoli e di tattica. Anche Mazzarri deve salire sul banco degli imputati, perché l'idea di affrontare l'Udinese in modo difensivo non ha pagato. I rossoblu nel primo tempo si sono rannicchiati all'indietro sperando che la bufera passasse presto, hanno trovato persino il gol del vantaggio con Joao (ben tornato capitano) in seguito ad una più unica che rara ripartenza, ma si sono lasciati travolgere dalla voglia di rimonta bianconera. Nel secondo tempo Mazzarri ha provato a cambiare l'atteggiamento della squadra, chiedendo maggiore presenza in attacco, ma ormai si era dato all'Udinese il vantaggio e la possibilità di esprimere quel gioco di rimessa brillante ed efficace che gli uomini di Cioffi sanno fare a meraviglia.
Si possono salvare almeno in parte le prestazioni di Joao e Dalbert, per l'impegno dimostrato soprattutto nel primo tempo; si può salvare Cragno, autore di due-tre interventi da grande portiere e incolpevole della grandinata che ha sforacchiato la sua rete; ma tutti gli altri meritano un'insufficienza netta. La squadra ha perso la compattezza e lo spirito di mutuo soccorso che l'aveva tirata fuori dal fondo classifica, molti singoli calciatori sembrano ricaduti nella mollezza fisica e pigrizia mentale del girone di andata.
La salvezza è tornata ad essere improvvisamente un traguardo lontanissimo.
Il secondo gol consecutivo di Joao Pedro ha fatto sperare che il Cagliari fosse riuscito a recuperare quella forma mentale che gli aveva permesso di emergere fino al quartultimo posto. Ma la speranza è svanita presto. Nei primi minuti di gioco e fino al gol del momentaneo vantaggio il Cagliari ha dato l'impressione di potere controllare la Juventus senza rinunciare ad attaccarla. Ma l'impressione è stata presto smentita. Dopo il gol di JP10 i rossoblu si sono chiusi all'indietro e per più di un'ora hanno subito il forcing juventino. Dopo il pareggio degli uomini di Allegri il Cagliari non ha cambiato marcia. I bianconeri hanno potuto continuare ad attaccare senza doversi preoccupare di guardarsi le spalle. Il Cagliari pensava solo a barricarsi per portarsi a casa un punto. Ma si poteva coltivare questa ambizione fronteggiando una squadra dall'organico da Champions League in modo solamente difensivo e difensivo ad oltranza? Per di più opponendo una delle difese più perforate del campionato?
La Juventus, martella e martella, ha trovato il gol del raddoppio. A quel punto gli uomini di Mazzarri sono venuti fuori dal fortino, ma era tardi. Il fatto che Szczesny non abbia fatto una sola parata dice tutto. L'attacco del Cagliari non punge più e non si può certo pensare che Joao da solo risolva il problema del gol. I rossoblu sono tornati a dove li aveva trovati Mazzarri dopo l'esonero di Semplici e a dove li aveva trovati Semplici dopo l'esonero di Di Francesco.
Semplici aveva compattato la squadra conducendola alla salvezza, per poi vederla sbriciolarsi di nuovo all'inizio di questo campionato; Mazzarri a sua volta era riuscito a ridare forza e concretezza al gruppo, che però poi ha ripreso il cammino rovinoso che sappiamo.
Cosa c'è che non va in questa squadra? Come si può spiegare un rendimento così schizofrenico nello spazio di un solo anno? E soprattutto come si può correggerlo, considerando che ormai la permanenza del Cagliari nella massima serie è appesa ad un filo?
Aggressivo come forse mai nella sua storia, addirittura asfissiante per l'insistenza con la quale i giocatori rossoblu sono stati addosso agli avversari per l'intera partita, togliendogli ogni spazio e possibilità di manovra fluida, ogni occasione di ripartenza pericolosa: così è stato il Cagliari di oggi, implacabile nella ricerca della vittoria che mancava da troppo tempo e che, forse, può avere aperto definitivamente la strada verso la salvezza alla squadra di Mazzarri.
Quella determinazione, quella tenacia che sembravano essere state improvvisamente smarrite, in modo altrettanto improvviso sono riemerse nella partita odierna, ma addirittura con una carica agonistica maggiore di quella che i nostri giocatori avevano mostrato in partite ben giocate, come a Bergamo ad esempio, o in casa contro il Napoli. Il Sassuolo ci ha provato a raddrizzare la partita, soprattutto nel secondo tempo, ma niente, è stato semplicemente bloccato e irretito da una forza oppositiva insuperabile che non ha permesso ai neroverdi di sviluppare il loro solito gioco, bello e fruttuoso. Resta per la banda Mazzarri la difficoltà di fare gol, per cui anche questa volta il risultato è rimasto in bilico fino all'ultimo dei sei minuti di recupero, almeno virtualmente, perché in realtà Cragno, ben protetto dai compagni, non ha dovuto fare interventi troppo difficili.
Quindi, ecco il Cagliari di questa stagione, ora un vulcano dormiente sul quale chiunque può passeggiare tranquillamente, ora un vulcano in eruzione che può piegare nettamente anche squadre di grande valore tecnico e atletico, come appunto il Sassuolo. O tutto o niente, prendere o lasciare; e a noi tifosi il compito di accettarlo per come è e continuare a sostenerlo con forza, fino al traguardo di una soffertissima e sospirata salvezza.
Ho sentito le dichiarazioni di Mazzarri dopo la partita, l'allenatore è stato molto netto nel valutare positivamente la prestazione del Cagliari, che secondo lui meritava la vittoria. Capisco il tentativo di Mazzarri, teso a mantenere alto il morale e l'autostima dei suoi calciatori, però i rossoblu ieri hanno messo in scena la replica di un copione già visto mille altre volte in questo campionato e hanno finito per perdere contro una squadra volenterosa ma tecnicamente non eccelsa, certamente non superiore al Cagliari.
I giocatori di Mazzarri hanno lasciato al Genoa l'onere di fare la partita, convinti di poter colpire i liguri con veloci ripartenze. Il fatto è che la squadra di Blessin ha sì attaccato, ma è stata anche compatta e ha portato una pressione quasi costante sui cagliaritani, quando questi provavano a sviluppare il loro gioco. Così le sperate occasioni per il contropiede sardo sono state poche e le occasioni per segnare ancora meno, forse un paio, contando anche il palo colpito da Joao Pedro.
Alla fine, il punto vero è questo: il Cagliari ha rinunciato a giocare e mettere sotto attacco il Genoa, una squadra che fino al giorno prima aveva vinto solo due partite. Una squadra modesta, che il Cagliari avrebbe potuto battere se solo avesse avuto un atteggiamento simile a quello messo in mostra contro il Sassuolo. E vincendo si sarebbe praticamente garantito la permanenza in serie A.
Invece no. La strada per la salvezza torna a farsi più faticosa e d'ora in avanti ogni eventuale sconfitta peserà come un macigno sul morale dei rossoblu, che ora hanno un margine di sicurezza ridotto sugli inseguitori. Speriamo che il Cagliari abbia capito, una volta per tutte, che se vuole la salvezza deve andare a prendersela con prestazioni ben più convincenti di quella di Genova.
La prestazione (oltre al risultato) è mancata ancora. Il Cagliari è sembrato subito nervoso, carico di tensione negativa, non ha saputo sviluppare le sue azioni in modo fluido, è stato pericoloso per la porta veronese solo due volte - e però anche i pali cominciano a diventare una maledizione - e ha segnato solo grazie ad un magistrale calcio di punizione di Joao Pedro.
Dispiace molto per i numerosi tifosi accorsi allo stadio, fiduciosi che il loro calore avrebbe scosso e caricato i rossoblu. Ma la tensione negativa non si è sciolta, nemmeno nel secondo tempo, quando, specialmente dopo il gol di Joao, il Cagliari ha giocato con più determinazione in avanti. Il Verona ha controllato le poche convincenti fiammate dei giocatori di Mazzarri senza troppi problemi e ha obbligato i cagliaritani a tentare la buona sorte del lancio lungo per Pavoletti, subentrato a Keita, e Joao.
Sono riemersi i vecchi, gravi problemi di una squadra che non riesce a giocare palla a terra, che non ha un playmaker, che punta tutto sui lanci per gli attaccanti, rinunciando a costruire con ordine e raziocinio.
Questa nuova sconfitta è molto grave, le inseguitrici potrebbero approfittarne e agganciare i rossoblu al quartultimo posto. Servirebbe una forte reazione e la conquista dei tre punti sul campo della Salernitana, ma il Cagliari di questo momento non è in fiducia e sembra obiettivamente incapace di fare il colpo che gli ridarebbe concrete speranze di mantenere la serie A.
La sconfitta col Verona, il penultimo posto in classifica, l'esonero di Mazzarri, la chiamata in panchina di Agostini, la speranza di scuotere la squadra, la necessità di vincere a Salerno, il pareggio recuperato in extremis.
Oggi: Cagliari terzultimo con un punto di vantaggio sul Genoa e un punto di ritardo sulla Salernitana, due sole partite da giocare prima della fine del campionato, all'orizzonte la sfida con l'Inter, impegnata nel duello tutto milanese per la conquista dello scudetto.
Il pronostico è a favore dei nerazzurri, per il Cagliari sembrerebbe profilarsi una sconfitta certa. Ma a questo punto è inutile ragionare su chi è più forte, per i ragazzi di Agostini si tratterà di una nuova partita da dentro o fuori, da tutto o niente. Il pareggio di Salerno ha ridotto di molto le possibilità di salvezza, perdere o anche pareggiare con l'Inter potrebbe spegnerle del tutto.
L'esonero di Mazzarri non poteva risolvere i problemi di una squadra che è quello che è, che ha cambiato in stagione due allenatori ma non ha cambiato, nella sostanza, il suo modo di essere. I limiti tecnici sono noti, inutile continuare a elencarli. Inutile continuare a parlare di tecnica, di tattica, di moduli. Questa squadra ha fatto bene solo quando è riuscita a mettere in campo tanto cuore e tanta testa. Anche nelle prossime ed ultime due partite, il Cagliari coglierà le ormai indispensabili vittorie solo se avrà più voglia di vincere dei suoi avversari.
Dovere fare la partita della vita e non riuscire a farla. Molte volte il Cagliari si è trovato in questa situazione nel girone di ritorno, quando ha affrontato le sue dirette concorrenti per la salvezza. L'esito è stato sempre lo stesso, con il Cagliari che non è stato mai capace di portarsi a casa i tre punti. Ieri sera, contro l'Inter, il finale è stato ancora quello. I nerazzurri non sono certo una concorrente dei rossoblu, ma il Cagliari aveva, ancora una volta, l'obbligo di vincere per potere raggiungere il suo obiettivo.
Un solo tiro in porta, di Lykogiannis, in tutto il primo tempo: questo è quanto i cagliaritani sono riusciti a produrre nei primi quarantacinque, letteralmente dominati dall'Inter. I giocatori di Inzaghi si sono portati in vantaggio e avrebbero potuto raddoppiare più volte, mentre il Cagliari si esprimeva come al solito timidamente, raccolto all'indietro nella speranza di sfruttare qualche errore altrui per ripartire e minacciare la porta interista. I rossoblu hanno giocato con questa mentalità attendista per tutto il campionato, nonostante siano cambiati tre allenatori. Si può salvare solo la breve parentesi all'inizio del girone di ritorno, quando il Cagliari è stato certamente più propositivo e, difatti, ha ottenuto quei risultati che lo avevano tirato fuori dagli ultimi tre posti. Temporaneamente, prima che la squadra ricadesse nella solita apatia.
Un'apatia rotta solo da qualche estemporanea fiammata, come quella che abbiamo visto anche ieri sera, nel secondo tempo, quando ormai l'Inter aveva raddoppiato il vantaggio. A quel punto, il recupero era difficile, perché gli avversari potevano colpire in contropiede, come hanno fatto. Così si può dire che il campionato del Cagliari sia ormai finito, con l'inevitabile retrocessione alle porte. I rossoblu hanno avuto a lungo il proprio destino nelle loro mani, ma adesso non più. Vincere l'ultima a Venezia non basterebbe senza l'improbabile pareggio o addirittura sconfitta interna della Salernitana.
L'improbabile, l'inopinabile è accaduto. La Salernitana è disastrosamente crollata in casa sotto i colpi di una Udinese che sembrava dovesse vincere la Champions League. Non è invece accaduto l'opinabile, cioè che il Cagliari vincesse contro una squadra già matematicamente retrocessa e obiettivamente di scarsa caratura tecnica.
Già nel corso del primo tempo i rossoblu erano venuti a sapere della maturanda sconfitta dei campani e nell'intervallo ne hanno avuto la conferma. Questo avrebbe dovuto spronare Agostini e i suoi giocatori a cercare la vittoria con maggiore impeto, ma no, la squadra ha proseguito con il solito lento giro-palla, le quasi inesistenti verticalizzazioni, i pochi cross alti dentro l'area, i molti lanci lunghi alla ricerca della miracolosa spizzata-assist di Pavoletti. Cose viste e riviste per tutto il campionato, che spiegano, con la loro improduttività in zona-gol, perché il Cagliari sia retrocesso.
Questa squadra, a detta di molti commentatori, ha qualità tecnica superiore alle altre compagini coinvolte nella lotta per non retrocedere. E' evidente a tutti che tale superiorità tecnica non si sia vista e, comunque, non abbia minimamente sbilanciato gli scontri diretti in favore del Cagliari, che ha collezionato due pareggi contro la quartultima, due pareggi contro l'ultima e due sconfitte contro la penultima forza del campionato.
Tornano in mente le parole di Mazzarri: se non corri almeno quanto corrono gli altri, le tue qualità tecniche non emergeranno. Questo alla fine è il vero pesante deficit di una squadra fatta anche di buoni calciatori, ma priva quasi completamente nel suo insieme (con qualche eccezione individuale) del carattere che serve se si vuole vincere una battaglia durissima com'è quella per evitare la retrocessione.
Adesso tutto deve essere ricostruito, a cominciare dai vertici societari, primi responsabili di questo triste atto finale, per proseguire con lo staff tecnico e la rosa dei calciatori. Il presidente Giulini ha pubblicamente affermato che non cederà il club; a lui dunque il compito di non ripetere gli errori del passato, perché il Cagliari e i suoi tifosi meritano di tornare subito in serie A e di starci da protagonisti.
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